Abbiamo trovato un interessante articolo estratto da una puntata di Report del 13/04/2008, un po’ datato, ma ancora attualissimo, di Milena Gabanelli e Piero Riccardi di cui riportiamo uno stralcio. E' un ottmo spunto di riflessione sull'importanza delle nostre scelte alimentari e delle nostre abitudini di acquisto: la filiera corta, i prodotti a km 0, dal produttore al consumatore... Se ne parla tanto, ma pochi hanno piena consapevolezza dell'importanza e delle ripercussioni che l'attuale comportamento ha sulla terra. Bisogna impegnarsi nel cambiamento delle proprie abitudini, nell'ottica di una sempre maggiore sostenibilità: tutto dipende dalle scelte di ognuno di noi e da piccoli gesti che hanno la forza di cambiare le cose.

E' stato calcolato che la terra potrebbe nutrire 10 miliardi di persone che si alimentassero come gli indiani; 5 miliardi che seguissero la dieta degli italiani; ma solo 2,5 miliardi con il regime alimentare degli statunitensi. Questo perché la metà dei cereali che produciamo servono per alimentare gli animali che mangiamo.

L'agricoltura industriale e chimica oggi è la causa di un terzo di tutte le emissioni di gas serra che stanno uccidendo il pianeta. Se il nostro futuro e quello della biosfera dipendono da come produciamo e consumiamo quotidianamente cibo, questo carica tutti noi di responsabilità, subito, ora!

L'agricoltura, riportano i testi scolastici, è alla base dell'economia e della vita. Il ciclo completo dell'agricoltura oggi, secondo gli studi della FAO, incide per il 30% sul riscaldamento del pianeta, tanto per avere un raffronto, i trasporti non legati al settore dell'alimentazione incidono per il 17%. Il settore zootecnico, invece produce gas serra 296 volte più dannosi della CO2, questo è il letame. L'aumento degli allevamenti è dovuto all'aumento del benessere, quindi all'aumento del consumo di carne, questo nonostante tutti gli studi medici dicano, che mangiare troppa carne fa male. Un americano ogni anno ne mangia 122 chili, un italiano 87, un cinese 50, un indiano 4. Bisognerebbe ridistribuirla meglio, ma se il modello è la nostra ingordigia si può rischiare di arrivare alla rovina del pianeta. Un hamburger di 150 grammi, prima di arrivare sulla nostra tavola, ha consumato 2500 litri di acqua, tutta quella che serve per irrigare il terreno in cui cresce il mais o il foraggio che serve ad alimentare l'animale. Ma la carne è poca cosa rispetto ad un sistema di produrre e consumare che sfugge alle ogni logica minime di tutela, della salute, del pianeta, del portafogli. Possiamo continuare a fregarcene, oppure vedere di cambiare abitudini.

Nei supermercati, tutti gli alimenti hanno le loro etichette, nomi, informazioni, numeri, pesi, ma in genere ciò che osserviamo è la data di scadenza, "scade il …". Eppure l'etichetta ci può dire molto di più, ad esempio da dove arriva: asparagi dal Perù, fagiolini verdi dal Marocco, fragole dalla Spagna. Poi si trova una confezione di pomodoro ciliegino che arriva dalla Sicilia: fornito per … Milano da … Ravenna, prodotto e confezionato da … a Vittoria, quindi significa che sono stati prodotti a Vittoria, sono andati a finire a Faenza, in Emilia Romagna, a Ravenna e li abbiamo comprati a Roma.

Abbiamo trovato uno studio fatto negli Stati Uniti rispetto ad un barattolo di mais del peso di 455 grammi, lo studio tenta di capire qual è l'energia per ogni singolo componente ed è venuto fuori che il mais come tale ha assorbito 450 chilocalorie nella fase agricola, 316 nella fase industriale, l'imballaggio incide per 1006 chilocalorie, un terzo di tutta l'energia impiegata è per gli imballaggi, qui ti rendi conto che spesso il prodotto è soltanto un pretesto per venderti un imballaggio.

Dunque per produrre un chilo di questa plastica con cui ci hanno venduto una manciata di prezzemolo tritato o 500 grammi di pomodori si consumano 17 chili e mezzo di acqua, un po' di petrolio, una spruzzata di zolfo, una di monossido di carbonio e 2 chili e mezzo di CO2, quella che fa crescere il gas serra. Ma prima ancora dobbiamo calcolare i costi di estrazione del petrolio, il trasporto in raffineria, le varie lavorazioni in fabbriche diverse e ad ogni fase un nuovo trasporto. E poi quella plastica diventa subito un rifiuto e bisogna smaltirla. E allora prodotti che sono un pretesto per vendere un imballaggio. Ma quanto vale il prodotto? Ad esempio, di questa confezione di carote grattugiate che ho pagato 8 euro e mezzo al chilo, quanto va a chi lo ha prodotto nel campo, al contadino? Siamo sulla strada statale Pontina che attraversa una delle zone agricole più fertili a sud di Roma. Questa è una cooperativa di produttori, i soci agricoltori portano qui le loro zucchine, insalate, carote che vengono lavate, incassettate e rivendute.

Queste carote qui che ora vediamo quanto vengono pagate al socio?

GIANFRANCO BENETTI - DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE

“Noi di vendita facciamo intorno ai 22 centesimi, però se togliamo all'incirca un 15, 16 cent di lavorazione, tra cavatura e lavaggio rimane 7 centesimi al socio, le vecchie 140 lire.”

Quindi un agricoltore per produrre queste carote dovrebbe produrle con 7 centesimi?

GIANFRANCO BENETTI - DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE

“Si, ma è molto difficile però!”

Chi è che ha stabilito che al produttore devono arrivare 7 cent?

GIANFRANCO BENETTI - DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE

“Il mercato, noi facciamo delle offerte al mercato e il mercato non risponde ti danno delle indicazioni di prezzo e tu devi accettare o meno. Il prezzo lo fa il commerciante, la grande distribuzione, non certo l'agricoltore.”

“…non posso dirlo, se no il commerciante mi dice: “Allora tieniteli a casa e io li prendo da un'altra parte”. Sicuramente riescono a trovarli a prezzi più bassi, o in Italia o dalla Spagna, Marocco, Egitto, con un giorno sono qui da questi altri stati.”

“Il problema reale è che, è sempre, non possiamo toccare ogni volta la Grande Distribuzione, la Grande Distribuzione è l'ultimo anello della catena, dobbiamo renderci conto che abbiamo creato nei nostri clienti delle aspettativa, e noi siamo qui anche per soddisfarle, è un problema anche culturale, il non voler mangiare per forza o consumare le fragole a Natale non è un discorso che può essere imputato alla Grande Distribuzione che vende le fragole è un discorso di avere il desiderio delle fragole che vengono prodotte in altri paesi, quindi noi diamo il prodotto al nostro cliente.”

Cioè voi dite: “Il cliente me le chiede e io gliele do.

PAOLO BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE

“In estrema sintesi, in estrema ratio, è questo il discorso… questo noi lo facciamo perché è nel nostro DNA, il nostro oggetto sociale, noi facciamo i commercianti, per cui, d'altra parte non è che possiamo disciplinare per legge quelli che sono i desideri.”

STEFANO IACOBELLI - ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA' - CHIETI

“Questa figura mostra il contenuto di carotenoidi, essenzialmente di licopene, in vari tipi di pomodoro raccolti allorché sono verdi oppure rossi nella parte destra, si vede nettamente che i pomodori rossi, in questa zona a destra hanno un contenuto di carotenoidi, in questo caso possiamo dire tranquillamente di licopene, che è nettamente superiore a tutto il resto dei pomodori.”

PIERO RICCARDI

Questi sono quelli verdi?

STEFANO IACOBELLI - ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA' - CHIETI

“Questi sono raccolti verdi e quindi comunque sia il pomodoro artificiale, chiamiamolo così tra virgolette, ha un contenuto di licopene che non è paragonabile...”

Il pomodoro verde non ha licopene.

STEFANO IACOBELLI - ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA' - CHIETI

“Assolutamente. La cosa interessante è che anche se noi prendiamo dei pomodori verdi e poi li lasciamo maturare finché diventano rossi, non si riesce mai a raggiungere quel livello di licopene che è presente invece nei pomodori colti naturalmente in pieno campo.”

Maturati al sole? ...Perché è il sole che fa sviluppare.

STEFANO IACOBELLI - ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA' - CHIETI

“Maturati al sole! E' il sole che fa sviluppare, sono i raggi ultravioletti che hanno un'influenza fondamentale nel processo maturativo.”

Un’agricoltura migliore, rispettosa dell'ambiente, della sopravvivenza del nostro pianeta, dei cibi che produce, non solo è possibile, ma si sta già realizzando. Migliaia di agricoltori, allevatori ci stanno mettendo le loro competenze e la loro faccia. Ma un vero cambiamento non è possibile senza le nostre scelte, di ciò che mettiamo sulle nostre tavole, di quello che mangiamo al bar, al ristorante, in mensa.

Nessuno può impedire ad un supermercato di vendere delle fragole fuori stagione perché inquinano e hanno poche proprietà nutritive, però noi possiamo non comprarle. E cosa impedisce alle mense aziendali o scolastiche di cucinare pasti a chilometri zero? Ippolito, nel 400 a.C. diceva: "Lascia che il cibo sia la tua medicina".

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